La leggenda
L’origine dell’ardia si perde nella notte dei tempi e, con essa, la verità sul suo inizio. Molte leggende si sovrappongono alla memoria, storie che si tramandano di generazione in generazione mantenendo intatta la fede, la devozione e la riconoscenza per il santo guerriero.
Così è tramandato questo documento a Scano Montiferro che, probabilmente, è la storia vera della festa perché ricorre anche nella memoria dei sedilesi e della storia di Sedilo dove, il 1806, anno della disputa, è considerata una data molto importante in quanto, da quell’anno, la festa in onore di San Costantino, divenne a tutti gli effetti la festa dei sedilesi.
Il testo che segue è stato preso da un documento originale che viene ancora oggi conservato da una famiglia scanese. Pare che, proprio a Scano Montiferro vengano ancora conservate la bandiera, l’anello e il portamonete citate nel documento.
Si racconta che un ricco possidente di Scano Montiferro, Don Giommaria Ledda, essendo stato schiavo dei Mori, gli apparve nel sogno un giovane di bell’aspetto vestito da guerriero romano il quale dopo essersi palesato per San Costantino Imperatore, gli raccomandò caldamente che nel colle “Monte Isei” gli si edificasse una chiesa promettendogli di restituirlo in libertà.
Il povero schiavo disse piangendo di non poterlo fare perché non aveva un soldo e il Santo scomparve. Il giorno dopo lo schiavo venne liberato.
Dopo qualche tempo arrivò a Ghilarza per la vendita di alcuni capi di bestiame e, durante il viaggio, incontrò un giovane di bell’aspetto che palesatosi per San Costantino gli ricordò dell’impegno preso ma, Don Giommaria, rimarcò il fatto di essere senza soldi così, il giovane, gli regalò un sacchetto contenente 20 monete d’oro.
Arrivò così fino a Sedilo dove solo un vecchio quasi centenario disse di sapere dove era “Monte Isei” perché da ragazzo, dopo avervi fatto una marachella vi era stato bastonato dal babbo che alla fine disse: da oggi ti ricorderai di “Monte Isei”.
Don Giommaria si recò nel luogo indicato e, con le venti monete d’oro, cominciò i lavori.
Una volta finiti i soldi, disperato perché non sapeva dove trovare il resto del denaro, tornò a Scano dove, miracolosamente, il portamonete era di nuovo pieno.
Tornò, quindi, a Sedilo e continuò i lavori che potè portare a termine grazie al portamonete che si riempì finchè ce ne fu bisogno.
Don Giommaria acquistò pure un simulacro di San Costantino ed a pochi passi dalla Chiesa fabbricò una casa per alloggio agli scanesi che si sarebbero recati per devozione.
La data della festa fu fissata al 7 luglio, giorno in cui gli apparve il Santo e in cui Don Giommaria Ledda fu liberato dalla schiavitù dei Mori.
Don Giommaria amministrò la chiesa finché visse e lui stesso ogni anno, in compagnia del clero scanese e della confraternita di Santa Croce, portò una bandiera in cui aveva fatto cucire al centro l’anello sigillo datogli dal santo.
Dapprima la festa veniva organizzata, ad anni alternati, dagli scanesi e dai sedilesi sino al 6 luglio 1806, anno ricordato come “s’annu de sa briga” (anno della lite), il rettore di Sedilo dott. Pietro Paolo Massidda proibì agli scanesi di ingerirsi nell’organizzazione dell’Ardia di San Costantino.
Scoppiò allora un’accesa lite tra sedilesi e scanesi e questi ultimi dovettero ritirasi in buon ordine.